da Libero del 28 aprile 2018 – di Alessandro Giorgiutti – Impegnato nell’ ultimo giorno di campagna elettorale, il leghista Massimiliano Fedriga, candidato governatore del Friuli Venezia Giulia, parla della sua Regione ma anche degli effetti che una sua vittoria potrebbe avere sulle trattative per la formazione del governo a Roma.

Quali sono i temi dai quali comincerebbe il suo lavoro di neo-governatore?
«Ne cito due. Il primo è la sanità. Negli ultimi cinque anni qui sono diminuiti i posti letto, non è stato potenziato il territorio. L’ ultimo rapporto Crea ha visto la nostra Regione scendere dal terzo posto, che occupava alla fine della giunta di centrodestra, al ventesimo. Per risollevarla servono idee innovative, come la possibilità di fare esami diagnostici e visite specialistiche nelle ore serali in modo da abbattere le liste di attesa e ottimizzare i costi».

Il secondo tema?
«Gli enti locali. Nella sua smania di voler superare Renzi, la presidente Serracchiani e Bolzonello (il vice, ora candidato governatore per il Pd, ndr.) hanno eliminato quattro Province e creato 18 mini-province, provocando conflitti tra comuni e complicando il sistema. Voglio tornare a dividere la Regione secondo le identità proprie di ciascun territorio e ridare il diritto di voto agli elettori. Chi gestisce soldi pubblici deve essere scelto dai cittadini e poi giudicato».

Come si risponde alla concorrenza burocratica e fiscale di Austria e Slovenia?
«In Italia la pressione fiscale complessiva supera abbondantemente il 60%, in Slovenia è al 34, in Austria al 50. Reagire si può: abbiamo le risorse per eliminare totalmente l’ Irap per le pmi. Così si risponde anche alla crisi occupazionale. Il Pd si vanta per i 10 mila posti di lavoro in più creati dal 2013, ma la cifra è il risultato dei 21 mila posti in più per gli over 55 e degli 11 mila in meno per chi ha tra 15 e 54 anni. Il cosiddetto aumento dell’ occupazione è solo un effetto della riforma delle pensioni della Fornero, che costringe la gente a lavorare più a lungo».

Come si traduce politicamente il patto con gli altri governatori nordisti del centrodestra?
«Il patto firmato con Lombardia Veneto e Liguria, che peraltro offriamo ad altre Regioni non solo del Nord, ci consentirà di fare massa critica contro quelle scelte fatte a livello nazionale, che possono avere un impatto negativo sui territori. Su molte materie, penso per esempio all’ immigrazione, i governi hanno deciso sulla pelle dei cittadini e passando sopra la testa di sindaci e governatori».

Veniamoci, al livello nazionale. Come finirà tra M5S e Pd?
«Più che un pronostico, un augurio. Spero che non si arrivi a un governo sostenuto da una maggioranza di quel tipo, perché sarebbe la sconfessione del voto del 4 marzo. Mi sorprende che il M5S, per guadagnare la poltrona di primo ministro, sia disposto a trattare con chiunque, anche con chi ha programmi totalmente opposti ai suoi, su immigrazione, frontiere, sicurezza. L’ impegno preso davanti ai cittadini il 4 marzo non vale nulla?»

C’è chi paventa una frattura Nord-Sud.
«Il centrodestra è la forza maggioritaria al Nord. In Friuli Venezia Giulia, poi, la Lega è il primo partito in assoluto. Con questi numeri, togliere totalmente una rappresentanza di governo a un’ area così importante del Paese può rappresentare un problema. Mi auguro che il capo dello Stato, nella sua saggezza, ne terrà conto».

E c’ è invece chi sospetta che un asse M5S-Pd sia benedetto da ambienti europei e americani, che diffidano invece di voi leghisti…
«Anche qui, formulo un auspicio. Non vorrei ritrovarmi davanti all’ ennesimo governo scelto al di fuori dei confini di questo Paese. Ne abbiamo già avuti abbastanza. E dopo Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, il quinto governo che si reggesse su una maggioranza che non rispetta le indicazioni uscite dalla cabina elettorale andrebbe a comprimere ancora di più la democrazia del nostro Paese. Peraltro con ricadute sociali drammatiche, come è successo con Monti. Quando l’ obiettivo non era dare risposte ai problemi del Paese, ma fare dell’ Italia un supermercato al servizio di interessi esteri».

L’ impressione comunque è che tra voi e i grillini le porte non si siano mai chiuse, anzi.
«Noi abbiamo sempre detto con chiarezza di voler rispettare l’ impegno preso con gli elettori il 4 marzo. Come? Parlando non di poltrone, ma di progetti per il Paese. La Lega ha rinunciato alle presidenze di Camera e Senato. Salvini, che è l’ unico che sarebbe legittimato a pretenderlo in quanto leader della coalizione più votata, si è detto disponibile anche a rinunciare al ruolo di premier. L’unico vincolo che abbiamo messo è stata l’ indicazione di cinque-dieci punti programmatici: dalla lotta all’ immigrazione clandestina alla sicurezza, dall’ abbattimento della pressione fiscale all’ abolizione della riforma Fornero. Un appello alla responsabilità che era ed è rivolto a tutti».

Come può cambiare questo scenario dopo il voto del 29 aprile?
«Gli elettori del Friuli Venezia Giulia hanno una doppia responsabilità: cambiare il futuro di una terra distrutta da cinque anni di malgoverno del Pd e, sul piano nazionale, farsi capofila di quell’ esigenza di cambiamento emersa il 4 marzo e che mi auguro domenica sarà ribadita».

La Lega dirà comunque no a un governo «di tutti»?
«Il governo di tutti sarebbe in realtà un governo di nessuno: un governo debole, privo di un’ impronta politica, succube delle indicazioni che arrivano dall’ estero. Aggiungo che, quando diciamo che non possiamo fare accordi con il Pd, non lo facciamo per capriccio ma perché sappiamo che con quel partito la diversità di programmi e di visioni sul Paese è troppo grande. Come possiamo governare con chi ha aperto le frontiere e votato la legge Fornero e la svuota-carceri?»